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Questi, riflettendo alla gravezza dell'affare, ne parlт tosto al Santo Padre, ed al cardinale Vincenzo Petra penitenziere, dal quale, coll'assenso pontificio, fu per mezzo dello stesso mercante spedito sollecitamente a Londra il solito breve assolutorio col salvacondotto, affinchи la donna nel termine di sei mesi si portasse a Roma. A tale uopo furon dati gli ordini a banchieri di varie cittа pel somministramento del denaro e di tutto quello che nel viaggio potea bisognare alla medesima. All'arrivo di questi ricapiti, benchи fosse il cuor dell'inverno, partм donna Paola da Londra con un cameriere cattolico; ed attraversata la Francia sotto altro nome, giunse a Marsiglia, non senza gravi patimenti cagionati dalla stagione, e il giorno 8 febbraio 1733 entrт in Roma. Il cardinal di Sant'Agnese, avvisato preventivamente dell'arrivo, fe' che le movesse incontro una matrona di esemplare saviezza, in casa della quale donna Paola si trattenne segretamente alquanti dм, trascorsi i quali, per ordine del pontefice, passт al convento del Bambino Gesщ, sotto apparenza di dama fiamminga, per ivi addurre le sue ragioni contro la profession de' voti. La prima determinazione del papa fu di deputare un congresso di cardinali, dal quale si esaminasse se una tal causa dovea agitarsi nella Congregazione del concilio o nel tribunale della sacra Penitenzieria. Le gravi e particolari circostanze che, a primo aspetto, si videro in quest'affare, fecero abbracciare il secondo partito. Per operar tuttavia con piщ cautela, a' giudici della Penitenzieria furono aggiunti cinque cardinali, fra' quali lo stesso prefetto della Congregazione del concilio. Da lungo tempo non eravi stata in Roma una causa piщ intralciata di simil materia. Tre volte, in tempi diversi, radunossi la Congregazione, e si tennero altresм molti Congressi. Non potи sapersi quel che in essi s'andasse di volta in volta determinando: ma quello che si puт dire и, che le prove delle violenze da principio accennate, furono, dopo quasi tre anni, poste in sм chiaro lume che, non potendosene dubitare neppur da' giudici piщ austeri, finalmente, nel mese di settembre dell'anno 1735, a pieni voti venne fatto dalla Congregazione il decreto: Constare de nullitate professionis. Il papa confermт il decreto, e, dopo risolute altre dipendenze, fu data a donna Paola la libertа d'uscire dal chiostro, in cui aveva dimorato per tutto quel tempo con universale edificazione. Donna Paola Pietra, toccato cosм il supremo suo intento, a cui incessantemente era stata fida, piщ, quasi diremmo, per un'ostinazione della mente che si esaltava nell'idea di aver per sи il diritto e la giustizia, che per la probabilitа della riuscita, lasciт Roma, sicurissima di sи medesima, poichи s'era come veduta espressamente protetta dalla provvidenza; e ritornт in Inghilterra a ricongiungersi con colui che l'aveva tratta in salvo, e che sempre le si era mantenuto religiosamente fedele. Abbandonata poi l'Inghilterra, venne con esso a Roma dove solennemente ei la sposт. Ma la fortuna non volle permettere che tanta felicitа fosse duratura, e, dopo tre anni di convivenza maritale, il virtuosissimo gentiluomo venne a morte, lasciandola madre di due figli. Donna Paola per qualche tempo se ne stette nelle vicinanze di Roma, poi, nel 1743, dopo tredici anni di assenza, ritornт a Milano a fermarvi stabile dimora. Un tale ritorno gettт lo sgomento in coloro che l'avevan voluta sagrificare, sapendola cosм efficacemente protetta dal santo padre; ma provocт un tripudio universale, tanto che le diverse maestranze della cittа la vollero festeggiare con notturna luminaria. Ed ella, se magnanima disprezzт tutte le vili paure di chi l'aveva voluta opprimere, non mostrando nemmeno di ricordarsi di loro; volle corrispondere efficacemente a quella pubblica estimazione con atti di caritа viva, col farsi consolatrice degli altrui dolori, col metter pace nelle trambasciate famiglie; piщ spesso, col difendere contro l'attentato de' tristi l'innocenza che non si guarda; tra i molti suoi atti meritorj aveva destato gran rumore un viaggio che fece appositamente per ottenere da Maria Teresa la grazia della vita per un giovane, colpevole d'aver ucciso un cavaliere che avea fatto contumelia alla sua fidanzata. Naturalmente dotata di acuto intelletto, fortificata dall'esperienza, virtuosa senza rigidezza, benefica senza ostentazione, era essa richiesta di consiglio anche da persone di gran riguardo. Quand'ella recavasi a passeggiare lungo le pubbliche vie, era segno agli sguardi di tutti quel suo grave aspetto, in cui serbavansi tuttavia i resti di una maestosa bellezza; aspetto grave di quella placida mestizia che viene dalle angoscie passate, dalla memoria di una perdita irreparabile, dalla severa considerazione della vita; ed ella, che nell'animo avea tanta pietа per altrui, ne destava poi altrettanta in tutti coloro che la guardavano, conoscendo il suo passato; poichи facea senso quel perpetuo suo lutto vedovile, il quale attestava un dolore che non poteva aver riposo nella vita; e faceva senso quel suo comparire in pubblico assiduamente accompagnata dai due suoi figliuoli giа quasi adulti, e come lei vestiti a lutto, e severi e mesti al par di lei. - E davvero che il gruppo di quelle tre figure, che si staccava come un simbolo di dolore sul fondo vivace e variopinto e giocondissimo di quel tempo, giungeva a compungere di gravi pensieri quella societа cosм spensierata e vana, la quale, ignara delle fiere lotte che l'aspettavano, non attendeva che a darsi buon tempo, come chi spende e getta e scialacqua le ultime ricchezze, e tuffa nell'ebrietа il pensiero del domani. Era dunque stato un felice pensiero della contessa Clelia, quello di voler recarsi da questa donna Paola Pietra, e per richiederla di consiglio in un affare dilicatissimo e serio, e che poteva aver conseguenze luttuose, quantunque vestisse le apparenze di un amore galante; e per versare nel cuore di colei le ambascie, che ormai non potevano piщ esser contenute nel suo. X Per quanto durante la notte, nell'imperversare di un affanno, riesca impossibile di chiuder gli occhi al sonno, v'и pure un momento, vicinissimo all'alba, in cui и convenuto che si debba dormire; ma quel momento pare che, da un genio squisitamente acuto nell'inventar mezzi a tormentare l'umanitа infelice, sia stato introdotto apposta fra il confine della notte e del giorno, perchи appunto, al risvegliarsi dopo un fuggitivo, piщ che riposo, assopimento, sia ancor piщ cruda la fitta del dolore. |
Thursday, October 23, 2008
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.. e la contessa | |
.. e la contessa si ponevano a sedere l'uno rimpetto all'altra. Allora sul volto di questa, egli, dal suo basso scranno, tenne fisso uno sguardo lungo e indagatore. Alla bellezza abituale della contessa Clelia, di cui nessuno erasi prima infervorato, per l'eccesso della sua medesima perfezione, si era sovrapposta una velatura leggiera nel colore, e talune indescrivibili impressioni nella superficie, le quali, togliendole quella, quasi diremo, pompa orgogliosa della beltа nudrita dalla salute e dalla calma, vi aveva soffuse le traccie del patimento e di un certo languore di stanchezza, languore prezioso (per la poesia, intendiamoci bene, non per la realtа), il quale essendo appunto la prima volta che compariva su quella faccia, vi produceva un contrasto ineffabile e la rendeva oltre ogni dire attraente a tutti gli sguardi. Tanto и ciт vero che, quasi a un punto stesso, da tutti coloro che la osservarono quand'ella girт gli occhi intorno, si fecero queste medesime osservazioni a di lei riguardo. - Ma come s'и acconciata stasera la contessa V...? - Davvero che mi pare un'altra. Se si sapesse ch'ella ha una sorella, si direbbe ch'и la sorella a punto. - И perт sempre bella. - Per me, dirт anzi, che и piщ bella del solito. - Ah, и un gran peccato che l'abbiano inzuppata nella scienza, e fatta cosм indurire come quel legno che diventa marmo stando nell'acqua! Ma se molti in quel punto la guardavano fuggitivamente, Lorenzo teneva gli occhi sempre fissi in lei; e da quel palchetto non li abbassт che per volgersi e girarli torvamente sulla platea, cosм parlando fra sи: - Balordi che siete!... si trova un bel giovane in un giardino, di quelli che s'innamorano per professione, lo sorprendono al piи del palazzo e della stanza dove sta una donna che ha quella faccia lм... e si va a turbar la pace di cinque o sei case per trovar la donna de' suoi sospiri... Balordi voi e balordo il giudice, quando non vi sia di peggio... perchи pare impossibile... una bellezza di quella sorte... che... in conclusione ... qual и la piщ bella di tutte queste duchesse e contesse e marchese e marchesine che stan qui?... E nessuno и arrivato a pensare che ai tenori, segnatamente quando toccan di quelle grosse paghe che ognun sa, piacciono i buoni bocconi, e, se furono cullati sul letto di paglia, aspirano ai moschetti di drappo. Ma pazienza fossero tutte Vestali le donne di Milano, tutte Lucrezie, tutte Cornelie... Ma no... perchи, anche senza far torto a questa cittа... si sa ch'и la malattia del secolo, che piщ si sale e piщ si pecca... che si и sempre fatto cosм... Ah sciocchi e balordi... c'и da scavar vicino... ed essi, no... voglion correr mezzo miglio per le ortaglie, e far fatica a trovar l'accesso alla casetta di quella povera ragazza... che и pura come l'acqua... E tutti a intestarsi che debba davvero essere la Gaudenzi... come se non ci fosse stato tutto il tempo e tutto il comodo, supposta una simpatia, d'intendersela sul palco scenico!... Ma non piace al signor pubblico ciт che и naturale e semplice... siam sempre alla storia del teatro... bisognava che il tenore Amorevoli, per essere un caldo amante, saltasse muri, saltasse siepi, si lacerasse tra i pruni la seta dei gheroni, corresse pericolo di rompersi l'osso del collo salendo per qualche scala di seta... allora va bene... allora il signor pubblico и contento... E cosм avrebbe seguito il corso de' suoi pensieri chi sa sin dove, se un gran colpo d'archetto del primo violino non gli avesse tagliati i pensieri in due. Gettт allora gli occhi sulla musica, mise il violino alla ganascia, e stette pronto. Il sipario si alzт, e avvenne tutto quello che era avvenuto la notte addietro. Uscм il tenore Amorevoli tra un subisso d'applausi, i quali poco ormai lo confortavano, perchи, se lo si lasciava andar in teatro, v'era accompagnato in cocchio dal tenente e dal guardiano del Pretorio, che stavan con lui in camerino perchи non parlasse con nessuno; uscivan con lui, e lo accompagnavano all'orlo del palco scenico e lo aspettavan tra le quinte. Queste cose si sapevano dal pubblico, che le disapprovava, quantunque a torto. E venne l'ora del ballo, e il momento in cui usciva la Gaudenzi divina. Ma che и questo? che novitа? che segreto? Cos'и successo?... Ah! noi non sappiam cosa dire, ma il fatto и cosм precisamente, lettori miei. La Gaudenzi venne accolta da un bisbiglio ostile, intercalato da una dozzina di fischi portentosi, indarno respinti da pochi battimani, che si ritirano tosto, quasi vergognosi d'essersi compromessi. Da che dunque poteva dipendere questo inaspettato cambiamento delle teste del pubblico? Da un fatto assai semplice: da ciт che, essendosi egli ostinato nel credere agli amori della Gaudenzi con Amorevoli, e avendo sperato, quando sentм ch'essa era stata citata a comparire in Pretorio, volesse confessare ciт che generosamente e cavallerescamente il tenore aveva taciuto; gli venne un fiero dispetto di quell'aspettazione delusa, e piщ ancora della supposta ipocrisia della fanciulla, che si pensт non avesse voluto corrispondere alla delicatezza dell'amante, per continuare a godere in faccia al mondo di quella gran fama d'onestа, usurpata a troppo buon mercato; la quale onestа, in quella universale rilassatezza del costume, era cosм eccezionale e strana, segnatamente se la si applicava al teatro, che se molti avean prima potuto apprezzarla, altri l'avean sopportata di mal animo, come un'ostentazione; e questi altri, i quali s'eran compiaciuti della scoperta che la Gaudenzi fosse pur essa infine una donna da teatro come tutte le altre, si rivoltarono senza ritegno contro al preteso sforzo che, secondo essi, ella avea fatto per proseguire ad ingannare il mondo. Talvolta un'idea, un'opinione, una credenza s'impadronisce di un'intera massa di gente in un modo irresistibile. E gli uomini di buon senso e di spirito equo, che volendo esaminare prima di condannare, azzardano qualche difesa e qualche osservazione, sono quelli precisamente che danno le mosse al temporale. - Cane d'un pubblico, scrisse il conte Rostopchin nel proprio epitafio, in attestato del suo profondo disprezzo all'opinione pubblica; e Cane d'un pubblico, disse Lorenzo fra sи e sи fremendo, quando da un collega d'orchestra sentм la spiegazione di quell'improvviso malumore della platea; ma ciт che piщ di tutto gli fece salire il sangue alla testa, e lo raffermт nel suo proposito di vendetta, fu l'aver visto lo stesso signor conte V. |
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I drammi di | |
I drammi di Shakespeare sono l'enciclopedia storica della grammatica inglese, chи cento autori portarono le diverse loro acque a quell'oceano; e il medesimo puт dirsi di alcune opere dell'edilizia, fatte innalzare da piщ volontа e da ingegni diversi, che serbano le varie impronte dei tempi in cui hanno operato; onde se il gusto squisito, contemplando il tutto, si offende, non essendo preoccupato che delle linee e delle forme; l'intelletto abbracciando invece piщ elementi, non resta offeso dalle forme imperfette, perchи si lascia preoccupare dai varj significati che offre l'edificio. Nel vetusto San Marco, la meraviglia massima delle meraviglie veneziane, и una mescolanza di tutti gli stili e di tutte le idee che quegli stili, secondo alcuni, dovrebbero rappresentare - l'arte cristiana vi transige colla pagana, le incondite stranezze dell'impero basso contaminano spesso i simboli cristiani, la cupola orientale gira sugli archi latini, la colonna greca posa sulle costruzioni bizantine. - La critica inesorabile che и fida al bello assoluto e lo trova nella sola unitа poderosa, s'indispettisce di tali mescolanze; ma v'и quell'altra critica piщ grande, piщ intellettuale, piщ liberale, che trova quell'edificio d'un valore inestimabile, per le sue varietа appunto, e perchи l'architettura essendo un libro di granito, come disse il poeta, tanto piщ quel libro и prezioso, quanto piщ fatti ricorda della storia di un popolo. Tutte queste nostre chiacchiere vorrebbero dire che anche il grandioso palazzo Pisani, imperfetto, difettoso, senza carattere deciso, ha un merito, se non in faccia alla critica dell'arte, in faccia a quella della storia, e che per ciт i Pisani che lo hanno fatto innalzare e continuare, non hanno mal speso i denari, come taluno ha detto. Cominciato alla metа del 1500 dal Sansovino, fu compiuto quasi due secoli dopo dal vicentino Frigimelica, onde codesto edificio, esaminato in tutte le sue parti, presenta tutte le vicende della grandezza veneziana negli ultimi suoi secoli, e dei trapassi del gusto, rappresentati da vari architetti. Che se anche oggi, pur nell'abbandono in cui и lasciato, serba ancora qualche significato, si figura il lettore quel che nel secolo passato dovesse parere al visitatore intelligente, in uno di quei giorni in cui la ricchezza del proprietario Alvise Pisani lo apriva alla folla dei patrizj e delle altre classi distinte; quel che dovesse parer nella notte in cui lo dischiuse per festeggiare l'arrivo del conte Algarotti, il quale in quel tempo, per straordinario beneficio di fortuna, sedeva re di tutti i regni delle scienze e delle arti. Erano le tre ore di notte; risplendevano tutte le finestre della facciata che guarda il Campo San Stefano. Le due statue oziose, che stanno a' fianchi della maggior porta, avevano avuto anch'esse in quella sera l'incarico di portare un gran fanale sulla testa; risplendeva tutto il lato del palazzo che guarda il rio; e piщ servi con torcie a vento stavano sulle due scalee per cui si ha accesso al palazzo da quella parte appunto; era tutta illuminata la lunga calletta per la quale il palazzo ha una comunicazione col Canal grande, sulla scalea della quale stavano pure altri servi con torcie a vento per ajutare lo sbarco dalle gondole accorrenti. Dalla parte del campo venivano a frotte di due, di tre, di quattro gentiluomini e gentildonne, preceduti dai servi col lampione. Il Canal grande, per quanto spazio misura la linea di due o tre palazzi, era tutto pieno di gondole con gondolieri schiamazzanti ad aprirsi la via, chi verso l'approdo della calletta, chi verso il rio interno. Gl'invitati che veniano dal campo, s'incontravano nell'atrio con quelli che arrivavano dal rio; e quand'erano forestieri o veneti di terra ferma, si soffermavano a guardare il leone rampante scolpito, che era lo stemma di casa Pisani, colla spada da un lato, la mazza e l'elmo dall'altro; e i fanт delle galeazze che giа avevano rischiarate le vittorie del glorioso Vittor Pisani. Tutti costoro poi si incontravano nell'ultimo cortile con quanti vi approdavano dal canale, e insieme salivano lo scalone e, d'una in altra anticamera, entravano nella maggior sala, la cui vфlta, dipinta dal Guarana, и sorretta da molte colonne corinzie, oggi mostranti il gretto legno, allora tutte splendide d'oro nel capitello, nelle scanalature, nella base. In quella sala v'era uno scompartimento apposito per l'orchestra e pei clavicembali. L'accademia, dovendosi incominciare ad ora piщ tarda, la folla dei visitatori traeva di sala in sala ad ammirare gli sfoggi straordinarj di quel palazzo e di quegli appartamenti: i dipinti di Tiepolo, del Tiepoletto, del Canal, del Rizzi, del Cignaroli; i damaschi, i sopraricci, gli arazzi della fabbrica privilegiata, allora celebratissima, delle sorelle Dini, le quali ritraevano un assegno annuo dalla stessa Repubblica. E segnatamente si trattenevano ad esaminare a parte a parte le ricchezze d'ogni guisa che risplendevano nella cosм detta sala d'Apollo dipinta a chiaroscuro dall'Amigoni bergamasco. Se non ci tormentasse la noja delle descrizioni, onde amiamo dipingere a sguazzo con pennello scenografico e in istile piazzoso, piuttosto che col pennello minuto dei Fiamminghi, vorremmo riprodurre cosм al vivo il palazzo Pisani di dentro e di fuori in quella serata musicale, che il lettore dovrebbe confessare che oggidм per questo lato la ricchezza par miseria; e quando pure dа il caso che taluno voglia sfidare il passato per superarlo, non riesce che ad essere la scimia che imita il padrone, e provoca il riso invece della meraviglia; perchи c'и una cosa, che distingueva i nostri buoni vecchi, ed и l'armonia che univa la loro persona e i loro vestiti colle proprie abitazioni, le suppellettili, gli addobbi, le tappezzerie, gli ornati, le pitture onde si circondavano. Oggi invece il cilindro del secolo decimonono copre una testa colla barba di Carlo V, o i mustacchi a coda di topo di Tamerlano. Oggi il monotono e gretto frack di panno nero, e i calzoni attillati del marito, si smarriscono nelle volute e nelle sinuositа del guardinfante risuscitato dalla moglie ingrossata. Oggi il signore sotto i soli d'Italia porta il soprabito di guttaperca, che ci fa sentire il ribrezzo delle nebbie inglesi impregnate di filigine; mentre poi sul serpe della carrozza parigina il cocchiere reca l'impronta di una vecchiezza anticipata sotto la parrucca a tre giri del senator Tredenti; e nelle case la stessa sconcordanza perpetua, e negli addobbi e negli ornati sempre una ricchezza senza logica e che rinnova l'immagine oraziana del mostro equino. |
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Ma tornando a | |
Ma tornando a donna Clelia, conquisa dalla voce d'Amorevoli, ella si trattenne sotto l'atrio premendosi il cuore, finchи il recitativo si svolse nell'aria: Se resto sul lido, Se sciolgo le vele, Infido, crudele Mi sento chiamar. E intanto, confuso Nel dubbio funesto, Non parto, non resto - Ma provo il martire Che avrei nel partire, Che avrei nel restar. Dove appar chiaro come i fervori della passione congelassero nell'anima fredda di Metastasio in tante formole precise e quasi aritmetiche, avverse al genio della poesia e del dramma. Ma la musica di Vinci aveva l'abbandono e lo slancio e il sentimento che mancava a quelle strofe; e Amorevoli vi mise nel renderla la duplice virtщ dell'arte piщ squisita e dell'animo il piщ ardente. Donna Clelia, come i battimani rintuonarono nei cortili: - Or si puт ascendere, pensт, e fatto lo scalone, entrт nelle sale. I servi di casa Pisani, che la stavano aspettando, mossero a dimandare il conte padrone, che accorse tosto a riceverla. Preceduta da lui fece l'ingresso nella maggior sala. Il fremito dell'applauso e dell'entusiasmo recente che ancor durava lа entro, cessт di colpo alla sua comparsa, e vi successe un profondissimo silenzio. Tutti gli occhi furono fissi in lei. Il conte Pisani, per toglierla dall'imbarazzo in cui la vedeva impigliata, si volse tosto al conte Algarotti dicendogli: - Ecco la contessa Clelia V..., de' cui talenti avete sentito a parlare. E l'Algarotti si alzт e venne a sedersi vicino a lei. Anche il doge la guardт da lunge, con atto di affabilissima cortesia, e parve dirle: - Ci parleremo dopo con maggior comodo. La contessa intanto, rispondendo macchinalmente alle gentilezze del conte Algarotti, guardava di furto allo scompartimento dell'orchestra, dove Amorevoli era investito dalle congratulazioni de' suoi colleghi: da Luchino Fabris, dall'Aschieri, dalla Turcotti, dal P. Vallotti, che nella sua severitа gli batteva una spalla in atto di protezione; dal violinista Tartini, uomo di febbrile vivacitа, che ad attestargli la sua soddisfazione gli andava squassando un braccio. Nи Amorevoli erasi ancora accorto della comparsa di donna Clelia. Bensм il musico Fabris gli parlт all'orecchio, e l'avvisт dell'arrivo di lei. Amorevoli si volse lentamente, quasi che non fosse fatto suo... Medesimamente la contessa Clelia non fece atto nessuno, e stette immobile come un simulacro marmoreo. Solo incontraronsi i raggi delle loro pupille, e benchи gli astanti, che da quell'incontro s'erano atteso una catastrofe, dicessero fra loro: Bada ch'ei pare, non si conoscano nemmeno, pure l'effetto dell'incontro di que' raggi non puт esser reso che in parte da quella strofa fremebonda della Parisina, Un sospiro, un senso arcano D'un amor maggior d'amore Trapassт da cuore a cuore E di gioja l'inondт. Intanto il conte Algarotti andava circuendo di domande scientifiche la contessa, e d'una in altra notizia, rispondendogli ella pure alcun che macchinalmente, la intrattenne dell'astronomo Lieberkam conosciuto da lui a Dresda, quegli che nel 1743 aveva inventato il microscopio solare; e le parlт del celebre Clairut, colui che avea fatta la dimostrazione dello schiacciamento della terra, mediante l'attrazione e la forza centrifuga. E la contessa, alla sua volta, si trovт costretta a chiedergli conto di Bouger, l'inventore dell'astrometro, e ad informarlo d'un lavoro che in que' giorni il P. Frisi di Milano stava meditando sul moto diurno della terra, facendo uso dell'analisi geometrica di Newton, per mostrare che un tal moto non poteva essere impedito dalle maree. Ma se il microscopio e l'astrometro e la forza centrifuga e l'analisi geometrica di Newton fossero compatibili collo stato dell'animo di donna Clelia, ognuno lo puт pensare. X Intanto che il conte Algarotti e la contessa attendevano a parlar di scienze esatte, passava quel quarto d'ora o quella mezz'ora di riposo, in cui i vecchi pigliano il tabacco, i giovani susurrano qualche parola all'orecchio delle giovani, e queste pigliano il sorbetto o l'acqua cedrata. Tartini, cessato di scrollare il braccio ad Amorevoli in segno d'entusiasmo: - Senti, disse, qui il nostro Luchino Fabris, questa seconda edizione di Egiziello, m'ha raccontato le tue storie e i tuoi amori, e sono contentissimo di te. Cosм va fatto. Anch'io a vent'anni misi gli occhi addosso ad una fanciulla dell'alto cielo. Hanno tanto orgoglio questi signori che si chiaman lustrissimi, e son cosм persuasi d'esser fatti di tutt'altra pasta della nostra, che di tanto in tanto conviene che qualcuno metta loro il cervello a partito, e li faccia persuasi che и piщ nobile di tutti chi и piщ giovane, piщ bello e piщ bravo. Ecco i tre quarti della nobiltа vera; quello che manca a fare i quattro quarti sta nella ricchezza che col merito uno s'acquista. Dunque tu sei un nobile degno del tosone; e giacchи a Milano non avevi amori, hai fatto benissimo a sceglierti qualche stella del cielo superno, e a dar dentro in un marito borioso. Qui Luchino mi ha detto che jeri tu eri prontissimo a batterti con lui, ed egli ha rifiutato per orgoglio, ond'altri ha preso le tue veci. Ma ciт non va bene; voglio conoscerlo io questo signor conte lombardo. Giа tu sai che la mia prima professione fu quella dello schermidore, e fu un tempo in cui volevo metter sala d'armi, e anche oggi non so chi abbia occhio piщ acuto e braccio piщ fermo del mio. Dunque lascia fare a me a trarre in ballo questo signor conte; che se ricuserа, lo assalirт di tratto, senza dirgli nи asino, nи bestia; onde, se gli и cara la vita, dovrа pur mettersi in sulla parata. Chi sa mai, caro Amorevoli, ch'io debba farti il piatto a dovere, e che il conte sia venuto a Venezia per trovarvi una tomba fatta d'acqua salsa e d'alghe marine? Ma a proposito, dov'и questa signora contessa? Io sto scrivendo qualcosa intorno ai principj dell'armonia musicale contenuta nel genere diatonico, e in questo lavoro non posso disimpacciarmi da certe formole numeriche. A lei dunque, ch'и gran matematichessa, come sento dire, vo' dare a leggere il manoscritto. |
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- Converrebbe ch'io | |
- Converrebbe ch'io parlassi allo Strigelli. - Vi dirт io tutto. Il marchese F... possedeva nel Piacentino un fondo limitrofo a un altro del Suardi. Ora ci fu tra loro una lite per un diritto d'acqua che importava la somma di un mezzo milione; il marchese vinse la lite, e fu lo stesso avvocato Strigelli che lo ha assistito. Il Suardi, il quale, non so per che ragioni, ha sempre fatto dei dispetti al marchese, rimase scornato e indignato per il mal esito della causa; e, com'и probabile, avrа pensato a rovinarlo col far saltar fuori il testamento trafugato. Cosм almeno la pensa l'avvocato Strigelli. - La congettura и acuta. Ma non posso credere che un banchiere in ritiro, un vecchio di 80 anni, padrone di due o tre milioni, voglia rischiar d'andare in galera, dopo averla cansata tante volte e con tanta abilitа, se almeno si vuol credere a quel che si raccontava e si racconta, per il dispetto d'aver perduto mezzo milione. - Sapete, signor giudice, cosa dovreste fare? - V. E. comandi. - Tentar di parlare al Suardi questa notte medesima. L'ora tarda, la confusione, lo sbalordimento del teatro, la vecchiaja che cede alla stanchezza, il trovarsi con voi non preparato... potrebbe finalmente vincere la natura della volpe, e lasciar aperto uno spiraglio alla veritа. - Davvero che ci ho pensato. - Se riuscite a fare il colpo, voi fate sbalordire tutta la cittа, e non so che ricompense potreste aspettarvi dal vicerи... - Il mio attuaro и in platea; per suo mezzo mando pregare il Suardi a darmi un abboccamento. - Fate; io ritorno nel mio palchetto. Partiti che furono il ministro Luosi e il giudice F..., entrarono nella sala e sedettero al camino il ministro Prina e l'avvocato Falchi. - In questa lite tra il marchese F... e il colonnello, diceva il Prina continuando un discorso incominciato prima, un avvocato, credetelo a me, puт farsi un onore immortale. Il Falchi ascoltava e taceva, ma con una certa espressione del volto, da indicare che era tutt'altro che disposto a far tesoro degli altrui consigli. - Non perт sappiamo se il ministro se ne fosse accorto. - Tutta Milano parla di questa lite; l'importanza le viene innanzi tutto dalla ingente ricchezza che и in controversia; poi dalle persone che sono in conflitto. Il marchese F... colle sue originalitа, col suo carattere duro e pretino, co' suoi viaggi in Europa, colla sua antipatia al governo, ha dato nell'occhio a tutti i suoi concittadini; il colonnello Baroggi, per le sue storie passate, per le scene tremende avvenute col suocero, per l'indole romanzesca di sua moglie e per la sua bellezza, ha provocato l'interesse e la simpatia dell'universalitа. И una vera fortuna che a voi sia toccato di patrocinarlo. Ma ciт che rende ancor piщ interessante questo fatto, и la storia antica, e che si credeva dimenticata, di questo testamento; ed oggi и l'improvvisa comparsa a Milano del banchiere Suardi, che sessanta o settant'anni fa era lacchи in casa F..., ed ebbe poi a sostenere un lungo processo per essere stato fortemente indiziato d'aver fatto scomparire il testamento del suo padrone. - Causa piщ bella e piщ strana e piщ atta a far rumore di questa non mi и mai capitata... Voi dite benissimo, Eccellenza. Ma la decisione di essa non puт dipendere che da una perizia calligrafica. L'avvocato ci ha poco o nulla a fare. Aggiungete che questa medesima perizia sarа difficile a compirsi; perchи non si puт dare una perizia senza confronto; e del marchese F..., il quale si presume aver lasciato un testamento olografo, non rimangono scritture di sorta. Esso era un gaudente ignorantissimo e fannullone, che non adoperт quasi mai nи penna nи calamajo. - Ma qui appunto puт mettersi in mostra l'abilitа dell'avvocato. - Qui.... dove? - Nel tentar la via per venire al possesso di qualche sua scrittura; intanto fu un pensiero quello del cavaliere F... - Quello forse d'aver intimato al Suardi di comparire in tribunale? Scusate, Eccellenza, ma a me sembra un'idea assai storta. Il vecchio Suardi (io ebbi a che fare con lui) и tal volpe da metterci tutti in sacco. - L'avvocato Strigelli non и del vostro parere. - Mi piacerebbe tanto a sapere che cosa sia riuscito a far lo Strigelli, quando fu alle prese col Suardi. Costui era un lacchи... ed ora и un milionario beato e trionfante... e se ha qualche cosa di cui debba lamentarsi... и la vecchiaja, la quale non gli fu inflitta nи per l'acume giuridico dello Strigelli, nи per sentenza del tribunale. - Caro avvocato, io non ho fatto che mettervi in sull'avviso; voi sapete che questa causa sta molto a cuore al vicerи... Egli stesso ha saputo dalla mia bocca che era nelle vostre mani... e Vedremo, mi disse, se colui ha l'abilitа che tutti dicono. - Eccellenza, voi potete bene imaginarvi s'io ho volontа di farmi onore in questa faccenda... - E allora sono sicuro dell'esito. Or venendo ai fatti nostri, domani verrт a casa vostra. Abbiamo da ultimare quell'affare dei boni del tesoro che la vittoria di Lutzen ci ha fatti vendere cosм bene... C'и poi anche quel capitale... non indifferente... che и lм da un pezzo... fin da quando i fondi del monastero di S. Giuseppe e di S. Prassede furono incamerati. XIV Come chi, dovendo governare una operazione di guerra, spedisce una divisione in un dato punto, un'altra in un altro; dispone una brigata a dominare una via; un distaccamento a proteggere un passo; ciascuno dei quali corpi, in sul primo, sembrano non aver relazioni tra di loro, nи mirare ad un intento comune; ma, a suo tempo, dovranno congiungersi per spiegare le loro forze riunite in una battaglia decisiva, cosм dobbiamo fare anche noi coi diversi drappelli dei nostri personaggi. Nell'ultimo capitolo abbiamo spediti il conte Aquila co' suoi aderenti a vegliare i passi di un emissario austriaco. Poi abbiamo messo il lettore nell'aspettazione di due colloquj: l'uno tra il giudice F... e il decrepito Galantino; l'altro tra il ministro Prina e l'avvocato Falchi. |
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Richiamando ora alla | |
Richiamando ora alla mente del lettore quel che abbiamo detto di Bonaparte alcune pagine addietro, esso, per acutissima sagacia, si accorse che di tutti gli elementi della vita sociale ristacciati dall'indagine coraggiosa dei pensatori, l'elemento religioso era il solo che, nella persuasione della maggior parte, era rimasto ai vecchi pregiudizj; perт sentм la necessitа di preparare il popolo a comprendere interamente quelle quistioni con libri popolari, compilati da penne d'uomini di Chiesa; chи manifestamente vedeva che, in tal materia, la volontа e le leggi dell'autoritа civile non potevan nulla sulla convinzione dei vulghi; nи sopra di sи volendo prendersi cosм pericoloso carico, desiderava che il terreno si preparasse in palese da altri, quantunque in segreto i consigli venissero da lui. Infatti col trattato di Tolentino dischiuse per la prima volta il varco agli elementi necessarj a compire la riforma della Chiesa romana; quando poi si ritrasse dall'Italia, chiamato da gravissimi eventi in Francia, condusse le cose in modo, che il fratello Giuseppe, il quale era docile a' suoi voleri, fosse spedito a Roma; poi, quando il Direttorio formт di mandare un esercito contro il papa a vendicare le vecchie e le nuove ingiurie, troviamo scritto in un opuscolo di quel tempo, che fu Bonaparte stesso ad eccitare a ciт il Direttorio; fu Bonaparte a proporre che il generale della spedizione fosse Berthier, per la ragione che, essendo questi obbediente ad ogni suo consiglio, al pari di Giuseppe Bonaparte, non si sarebbe dipartito per nulla dalle sue vedute; in ultimo fu egli che mise accanto a Berthier il cфrso Cervoni, conoscendo gli spiriti risolutissimi di quel suo compatriota, il quale era di tal natura da far nascere o presto o tardi di quegli scompigli che il senno e la giustizia debbono biasimare e proibire; ma che quando sono avvenuti, si comprende che erano indispensabili per risolvere certe quistioni. Perт, se va il paragone, Bonaparte fece come chi, credendo necessaria un'inondazione, togliesse gl'incastri di propria mano, per recarsi poi altrove nel punto che le acque irrompono dappertutto, onde non essere costretto a rimediare ai disordini istantanei, persuaso che da questi, lasciando andar le cose a beneficio di natura, sia per generarsi quell'ordine che nessuna antiveggenza e fermezza di volontа vorrebbe mai produrre. Ma per che cosa, domanderanno alcuni, al giovane Bonaparte doveva premer tanto di toglier di mezzo la temporalitа del papa, se questa fu ed и una piaga non fatale che all'Italia, e perciт stesso opportuna agli stranieri che vogliono tenerla in soggezione? Una tale questione non potendo essere sciolta risolutamente, и permessa una congettura. Nel primo fervore della gioventщ, e nell'impeto primo e spontaneo del genio, e nella sua natura italianamente e romanamente costrutta, Bonaparte deve avere provato per la sua patria vera una simpatia irresistibile, la quale, guidata dal fortissimo giudizio, gli deve aver mostrato la massima piaga di lei, e fattogli sentire il desiderio di sradicarla. Testimonj di vista e di udita, dei quali citiamo un Porro, che fu prefetto del Lario, ci assicurano che a Mombello, nel '97, discorrendo Bonaparte dell'Italia, in un momento di quegli impeti generosi, che, come un lampo, rischiarano un immenso buio e svelano cose nemmen sospettate, egli uscм in queste memorabili parole: - In Italia non devono stare NI FRANCIOSI NI TODISCHI. - parole che, pronunciate risolutamente dalla profonda e rauca sua voce, e in un pessimo e quasi selvaggio italiano, colpirono gli astanti in modo da lasciar loro un'impressione per tutta la vita, tanto in que' detti e nel modo onde furono pronunciati sembrт fremere l'affetto e il dolore al cospetto di una gran patria avvilita. Come и amaro il pensiero che una smisurata ambizione abbia poi soffocato questo naturale affetto!! V Berthier ebbe dunque dal Direttorio l'incarico della spedizione romana, perchи cosм avea consigliato Bonaparte; e l'italiano di Corsica, Cervoni, fu l'alter ego di Berthier, perchи Bonaparte avea voluto che Berthier lo volesse. Il vincitore di tante battaglie deve aver previsto che quella non doveva essere una spedizione nи disastrosa nи difficile, ma soltanto un viaggio militare. Ciт per altro non aveva pensato Berthier, che si mise alla testa delle truppe affidategli come se andasse ad una assai ardua impresa, e passato Ancona, dove non accolse i messi del papa, e inoltratosi in mezzo alle gole degli Appennini, trasse innanzi con grande circospezione, temendo ad ogni piи sospinto ostacoli ed agguati. Ma, con grande sua meraviglia, giunse fin sotto a Roma senza trovare un drappello di soldati papalini, tanto che vide non rimanere a lui per allora altra cura che di provvedere all'ingresso trionfale. Nel Diario del Camillone leggiamo, che primi ad entrare in cittа per la porta del Popolo furono due squadroni di usseri. Ei si diffonde a parlare del colonnello che li comandava, «il quale, soggiunge, era un milanese di Milano, il piщ bel soldato che mai si vedesse al mondo». E poco appresso gli fa il nome; cosм che non abbiamo nessun dubbio di asserire, ch'esso era nientemeno che il conte S..., il marito di donna Ada e il a padre di donna Paolina. Qui comincia per noi l'opportunitа di far camminare di pari passo e senza fatica i pubblici avvenimenti coi fatti privati. Chi volesse sapere in che modo esso venne a trovarsi a Roma in quel tempo, noi siamo in grado di poter dare delle notizie anche su questo. Il lettore sa come, negli ultimi mesi dell'anno 1797, improvvisamente, e per cagione ancora misteriosa, sia venuto a morire appena ventottenne il generale Hoche, che comandava l'esercito del Reno. Il capitano S..., per la sua indole procellosa e pe' suoi disordini d'ogni maniera, non aveva mai potuto andar d'accordo con nessuno dei suoi capi; tanto che, sebbene essi non potessero disconoscere la sua straordinaria prodezza, pure tutti, l'uno dopo l'altro, pensarono a disfarsi di lui, cercando pretesti per farlo girare di luogo in luogo, e passare d'uno in altro corpo d'armata. Il solo Hoche aveva saputo ammansarlo; tanto che egli stette ben volontieri sotto quel giovine eroe, il quale lo promosse al grado di capo-squadrone. |
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Mentre adunque l'orchestra | |
Mentre adunque l'orchestra suonava e i ballerini ballavano, oppure quella viziata virtuosa sfoggiava sghiribizzando le note piщ acute della voce piщ estesa che, al dire degli esperti, allora vi fosse al mondo; egli s'indugiava a tavola, e precisamente per aspettare l'arrivo della carrozza della contessa Clelia e della sua figliuola. - Don Alberico quasi poteva dire di non conoscere la prima e non aveva mai veduta la seconda; onde per le avventure strane dell'una e dell'altra, e per la gran fama della loro bellezza aveva una grande curiositа di vederle e di complimentarle; e tanto piщ che s'era banchettato per loro e bevuto alla loro salute. Aspettava dunque da qualche tempo, e si maravigliava che, essendo giа tardi, non si vedessero ancora a comparire; quando, all'improvviso, fortissimi evviva e battimani che venivano da coloro i quali avevano estese le danze fin quasi alla porta della cittа, lo avvisarono che ciт doveva essere pel loro passaggio. Infatti, allorquando la contessa diede ordine al cocchiere di procedere per porta Orientale col trotto il piщ serrato, il cocchiere spinse i cavalli, sicuro della felice riuscita; ma appena dal bastione ebbe svoltato verso il borghetto, che le loro signorie, la contessa e la contessina, furono salutate con urla di gioja matta da quelli che ballavano sub luna; e le danzatrici ebriose, alcune fermarono i lacchи con violenza, lor togliendo le torcie, e agitandole come tirsi con faunina protervia; altre si fecero imperterrite al muso de' cavalli, quasi offrendo quella scena che si presenta al viaggiatore nauseato, quando nella cittа di Napoli si avventura a passar per via Capuana. Pure, ad onta di tutto questo, la carrozza potи andare innanzi, sebbene con lentezza, e quando fu per passar presso la mensa abbandonata, il marchese Alberico, circondato da' suoi, quasi diremmo, camarlinghi, si presentт allo sportello. Or guardate caso stranissimo! - Ada, nel vederlo, tirт la mano intrecciata a quella di sua madre, e mandт un'esclamazione di maraviglia paurosa che a tutti sfuggм, com'и naturale, ma non a sua madre, la quale si volse a quel sommesso grido, interrogandola cogli occhi indagatori piщ che colle parole. Che dunque significa ciт? Significava.... ma non mettiamoci in apprensione, significava un fatto naturalissimo. La giovinetta Ada, quando vide il conte Alberico, credette, a tutta prima, di vedersi innanzi il Galantino in divisa militare, e ciт per la ragione che, infatti, tra il Galantino e il marchese Alberico era una gran somiglianza, di quel genere perт che forse poteva passare inavvertita agli indifferenti, ma non a chi aveva imparato a palpitare per la prima volta sotto il fascino di quelle tali forme, di quelle tali linee caratteristiche e distinte. Or che cos'и, dirа il lettore, codesta storia della somiglianza? И anche questa una conseguenza d'un altro fatto naturale, poichи bisogna ricordarsi che l'Andrea Suardi era nato in casa F... da un Giovanni Suardi stalliere, salito poi al grado di cocchiere. E ora и da aggiungere che il cocchiere Giovanni, quando da una bellissima moglie del contado di Cremona gli nacque il fanciullo che fu il primo e l'ultimo, non potи piщ salvarsi dalle celie de' suoi compagni di scuderia e di rimessa e di tutta la servitщ di casa F...; e le celie crebbero col crescere del fanciullo, il quale, se il marchese avesse avuto moglie, tutti avrebbero detto che era suo figlio. Al conte Alberico che, siccome avviene sovente tra consanguinei, per le misteriose bizzarrie della natura, rendeva piщ le sembianze dello zio che del padre, toccт dunque in sorte di somigliare al figliuolo d'un cocchiere; somiglianza che andт dileguando col tempo, e che, a dir cosм, non guizzava che di sfuggita dai muscoli dei loro volti e da certi movimenti caratteristici dei loro corpi; perchи il lacchи, anche per quelle ragioni fisiologiche sviluppate dal bastardo Filippo Faulconbridge nel Re Giovanni di Shakespeare, aveva sortito due gambe poderose dove l'altro aveva avuto de' fuseragnoli; due braccia atletiche dove l'altro avea dovuto ricorrere alla correttrice ovatta; un viso della piщ bella tinta incarnata e porporina dove l'altro non aveva potuto rinunciare ai beneficj del minio. - Ecco dunque come nacque lo scambio che mise sottosopra il sangue della povera Ada, e la rituffт ne' suoi tristi pensieri, onde sollecitт la mamma di partire di lа, gettando perт alla sfuggita un'occhiata al protervo marchese; come chi non puт staccarsi dalla contemplazione di un ritratto che ricorda un originale il quale, a proprio dispetto, non si puт dimenticare. LIBRO DECIMO L'anno 1797. - Il ballo del papa. - La predica dell'arciprete Besozzo in San Lorenzo. - Il teatro della Scala nella sera della domenica di quinquagesima. - Il programma del cittadino Salfi. - Il coreografo Lefиvre. - Giuseppe Peruccone, detto Pasqualino. - Le cittadine: signora R...; contessa A...; avvocatessa F...; - Il figlio del finanziere Baroggi. - Una figlia della contessina Ada. - La Libertа, l'Eguaglianza, la Dionisa. - Rappresentazione del ballo. - Scioglimento con perigordino. - Andrea Suardi e Marchese F... I Saltando coraggiosamente sei lustri, dobbiamo entrar e piantarci nel fitto dell'anno 1797, nel carnevale di tale anno, pigliandolo precisamente alla sua domenica di quinquagesima, per stare piщ in regola col calendario ecclesiastico e col nostro fedele Pescatore di Chiaravalle. Trent'anni sono trascorsi dal giorno che la contessa Ada fu perduta e trovata; quarantasette da quella notte memoranda, quando il tenore Amorevoli saltт il muro di cinta del giardino di casa V... Quante vicende, quanti affanni, quanti mutamenti pubblici, che procelle, che trasformazioni! Ben si puт dire che, in questo intervallo, l'umanitа ha cambiata tutta quanta la sua pelle come il serpente. Eppure dei nostri personaggi non и ancor morto nessuno. Nessuno, tranne la venerabile donna Paola Pietra, perchи era giа vecchia quando ne abbiam fatta la conoscenza; tranne l'avvocato Agudio, perchи era decrepito quando lo scontrammo sull'uscio di casa Pietra; tranne il giovane lord Crall, perchи ebbe la malinconia di voler fare il precursore di Werter e di Ortis: gli altri sono tutti ancora vivi, il che vuol dire che la natura umana и ben tenace, e i suoi dolori pajono piuttosto dolori teatrali che veri; se si eccettuino quei della renella e quei della gotta, e gli spasimi dei denti molari!! Ora, essendo quasi tutti vivi i personaggi di nostra vecchia conoscenza, и naturale che da loro e per loro sien nati altri personaggi, che nel tempo a cui siamo saltati, sono giovani e adolescenti e fanciulli, e i quali, l'uno dopo l'altro, dovranno pur passare, per forza o per amore, sotto la nostra mano. |
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Il conte S | |
Il conte S... si avvicinт, s'inchinт a lui, gli prese la mano... Il Baroggi se la lasciт stringere, ma non disse nulla. Il conte interrogт poscia il chirurgo sulla condizione della ferita. - La ferita и grave... forse sarа indispensabile la disarticolazione, che и una delle piщ difficili operazioni. Il conte tacque e si fe' cupo. Donna Paolina fu messa in carrozza; in una lettiga fatta venire dalla cittа fu posto a giacere il Baroggi. Cosм finм quella triste giornata. Ed ora dovrа passare assai tempo prima di trovarci ancora con questi personaggi. LIBRO DECIMOQUARTO Una festa a palazzo di Corte a Milano nell'anno 1810. - Il vicerи Beauharnais. - La principessa Amalia. - Ministri, soldati. - Letterati. - Poeti. - Il pittor Bossi. - Il conte e la contessa Aquila. - L'avvocato Falchi e l'infernal Dea. Nel punto di affidare a un libro stampato tutte le notizie arcane che si riferiscono all'estremo periodo del regno italico che tramontт cupamente coll'eccidio del ministro Prina, ci tenne sospesi il timore che la rivelazione di alcuni fatti straordinarj potesse suscitare qualche scandalo e turbare la quiete di alcuni uomini ancor vivi che non ebbero una parte troppo netta in quella orrenda tragedia. Un altro motivo per cui fummo in forse, stava nella qualitа di alcuni documenti che abbiamo tra mano; documenti scritti, ma di natura al tutto privata e, per dir cosм, non ufficiali; documenti, per conseguenza, non bastevoli a convertire le congetture storiche in legale certezza. Se non che abbiamo pensato che anche le semplici congetture, anche le sole opinioni e le credenze degli uomini che furono testimonj di grandi fatti, sono materia legittima alla storia, perchи rappresentano tutto intero il pensiero, il giudizio dei contemporanei; e perchи d'altra parte si danno certe veritа che non si consegnano ai pubblici ed officiali documenti, e delle quali tuttavia la posteritа non dev'essere defraudata. Se la storia non puт giurare sulla veritа di alcuni fatti e sulle loro cagioni, ha perт l'obbligo di pubblicare e mettere in ordine tutti gli indizj, i quali, se sono moltiplicati, possono talvolta, nella sfera morale almeno, quasi far vece di prova. И il caso di un tribunale che non puт condannare un colpevole perchи gli manca la suprema prova irrefragabile; ma tuttavia dal cumulo e dalla qualitа degli indizj gli и imposta la convinzione che l'accusato и reo del delitto imputatogli. Persuasi di questo, ci siam determinati a pubblicare questa parte del nostro libro, sopprimendo i nomi, e talvolta anche le iniziali che possono condurre a indovinarli. Se i lettori, tenendo dietro a quanto pubblicheremo, daranno il vero nome ai personaggi che noi nasconderemo sotto artistici pseudonimi, ciт vorrа dire che anche a loro di padre in figlio son pervenute quelle veritа che nessuno ebbe sin qui il coraggio di manifestare, se altri poi non comprendesse nulla, e fosse per rimanere spaventato da certi caratteri troppo infernali e da alcune perfidie che, anche essendo vere, sembrano inverosimili, si dia pace e si consoli col credere e col dire che tutta la nostra storia non и che un romanzo. I Siamo nel carnevale dell'anno 1810. Anche la storia, in carnevale, assume qualche cosa di giocondo e di rumoroso, per cui, smesso l'eccessivo suo rigore e le sue cautele che non si tranquillizzano se non sugli atti notarili e sui documenti degli archivj aspersi di molta goccia, si fa piщ sincera, piщ alla mano, piщ ciarliera. И un momento prezioso questo di starle ben presso, d'interrogarla e di farla cantare. Son corsi dodici anni dagli ultimi avvenimenti a cui abbiamo assistito. Grandi cose sono avvenute in questo intervallo. Prima la repubblica cisalpina si trasmutт attraverso al diaframma degli Austro-Russi e della battaglia di Marengo, in repubblica italiana; poi il 18 brumajo portт di punto in bianco Bonaparte ad essere il padrone del mondo; ed и strano come la fortuna, quasi a vendicarsi della prepotenza onde il genio di lui la ebbe costretta ad impegnarsi al suo servizio, si dilettт di farlo parer minore di sи stesso in quel giorno appunto, quasi volesse mostrare che senza l'ajuto di lei sarebbe forse caduto per sempre; e infatti, allor fu chiaro come il sole che quando essa si fa l'alleata del destino, il male partorisce il bene; gli errori sembrano ardimenti di intelletto; l'ignoranza e l'imprevidenza risolvono problemi non possibili alla ragione calcolatrice. Quell'oca di Berthier scongiurт Bonaparte a tacere, per non provocare l'ilaritа ed il disprezzo dei Cinquecento. Quel gallo borioso di Murat, non comprendendo nulla e perт facendo entrare i granatieri a bajonetta in canna a far saltar giщ dalle finestre i membri rappresentanti la maestа della repubblica, tagliт il nodo inestricabile, e liberт il volo all'aquila di Bonaparte. Al 18 brumajo avea tenuto dietro il consolato, e l'imperatore di fatto erasi giа rivelato nella unitа di Bonaparte collocato fra gli zeri di Cambacerиs e Lebrun; e in seguito venne l'impero e il regno, e l'annuncio di una monarchia universale, e il Giove Ottimo Massimo, cogli stivali alla dragona, e la non olimpica ventraja, ed il capolavoro della battaglia d'Austerlitz, che, al par di tutti i capolavori dell'arte, infranse le regole della grammatica campale, fin quella che ingiunse agli eserciti di non prendere le mosse che in primavera. Al capolavoro d'Austerlitz e alle altre battaglie prodigiose avea seguito quella pace di Tilsit, che segnт il punto piщ eccelso dell'ascensione di Napoleone; e lа, se egli si fosse fermato, ben altri avvenimenti la storia avrebbe avuto da raccontare ai posteri, ed il cammino dell'umanitа avrebbe forse dovuto piegare per sentieri non sospettati da noi. Ma l'eccessiva altezza mise il massimo degli uomini troppo presso alla fonte della luce, ed ei ne rimase cosм abbagliato da non vedere piщ le proporzioni degli uomini e delle cose. Siamo in Milano, la capitale del regno italico, la regina di settantanove cittа, la sede del governo, la gran fiera dei pubblici impieghi, il convegno di tutti gli ambiziosi d'Insubria, il palco scenico di tutti quelli che devono o vogliono rappresentare qualche parte nella grande epopea drammatica di quel tempo; la Babylo Minima, in una parola, di Ugo Foscolo, la quale faceva da succursale alla Babylo Maxima di Parigi. |
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