Del rimanente un'altra | |
Del rimanente un'altra ragione per cui era sм poco inclinato alla pietа verso di Amorevoli stava in ciт, ch'ei non era filarmonico punto, e aveva un orecchio cosм mal costrutto e anti-musicale, che per lui non c'era differenza tra una cadenza di Caffariello e lo zufolo d'un merlo. A dir tutto, non и certissimo che, pur andando pazzo per la musica, avesse potuto aprir le braccia al tenore protervo; ma in ogni modo, quella sarebbe sempre stata una ragione mitigante la collera. Infiammato continuamente da questa, egli erasi messo in viaggio per Venezia, senza veramente un progetto deliberato; ma con piщ propositi in mente, il piщ umano de' quali, aveva per intercalare scudisciate e bastonate. Ma lasciando il conte, dieci ore dopo la partenza di lui, partм da Milano per Venezia la lettera di donna Paola Pietra, quella appunto ch'essa accennт al Parini. - La contessa Clelia la ricevette la mattina del giorno successivo a quello dell'arrivo d'Amorevoli, e fu spaventata quando lesse quelle parole: Credo che il conte V... abbia intenzione di venire a Venezia; e fu maravigliata, e nel tempo stesso consolata, quando pure vi lesse: A quest'ora il signor Amorevoli dev'essere a Venezia. La sera prima ella non aveva sentito a parlare di lui in nessun modo, talchи in quel momento ignorava tuttora il suo arrivo. Ed ora dobbiamo tornare a Milano, e dar conto di piщ cose. La visita e le parole di Parini alla contessa Marliani aveano ottenuto il loro effetto, quello cioи di determinare il fratello di donna Clelia a recarsi a Venezia. - Il partito, il lettore se ne avvedrа facilmente, era stato preso un po' tardi, se mai il destino avea fermato di far succedere qualche sventura, ma la presenza di lui potea perт tornar sempre di vantaggio. In ogni modo, per l'onore della famiglia, quel viaggio del giovine conte A... era un atto di dovere, e ciт bastava per far tacere il mondo e perchи egli fosse creduto un uomo di cuore. Ma intanto che il giovine conte A... si affretta verso Venezia abbiam l'obbligo di recarci a prendere informazioni sullo stato delle cose relative al fatto di Lorenzo Bruni. Il governatore conte Palavicino, messo in cognizione dell'indole genuina del fatto, mandт a chiamare il presidente del Senato; questi espose al ministro che essendo messo ad arbitrio del Senato stesso la misura della pena per la contravvenzione all'ordinanza sulle maschere-ritratti, e una tale misura essendo tassativamente determinata nell'ordinanza stessa dai sei mesi agli anni due, a seconda del caso; per quanto, disse il presidente, tutte le circostanze depongano a favore del costituito, pure non si poteva mandarlo assolto perchи la contravvenzione era stata compiuta; e solo era il caso di applicare al costituito la minor pena di sei mesi, che, giusta la piщ ragionevole interpretazione, era precisamente la misura voluta per la semplice contravvenzione materiale della legge senza intenzione criminosa. Il conte governatore parve soddisfatto di ciт, ma non giа la Gaudenzi; la quale, allorchи le fu annunciata una tale determinazione, diede in lagrime disperate e si recт nuovamente da donna Paola, onde si degnasse accompagnarla di nuovo dal governatore. Era il caso di domandare non giа la scrupolosa giustizia, ma una sentenza in via di grazia. Donna Paola parlт con eloquenza, la Gaudenzi sparse lagrime abbondanti; il conte Palavicino si sentм commosso, e quantunque veramente uscisse dalle sue attribuzioni, perchи l'autoritа del Senato nelle vertenze civili e criminali era superiore a tutti, pure, trattandosi che l'ordinanza era sua, che forse aveva abbondato nella pena, mandт per un di piщ a chiamar di nuovo il Presidente del Senato e lo interrogт, ma affermativamente, se si potevano ridurre i sei mesi a due soli, e senza aspettar risposta, gli mise tra mano il rescritto, e lo pregт a dargli corso incontanente. Il presidente mostrт il rescritto in Senato, alcuni senatori strepitarono; altri, e forse n'avevano la loro ragione, applaudirono; il conte Gabriele Verri, che secondo l'indole sua avrebbe dovuto strepitare piщ di tutti, perchи guai a toccargli l'onnipotenza dell'autoritа senatoria, non disse nи sм nи no, e finse d'aver tutt'altro per la testa; onde trionfт il partito dell'indulgenza e, invece di protestare contro quel rescritto com'era stato il pensiero di alcuni senatori, ne fu tosto spedito al Criminale la determinazione in estratto, perchи il capitano provvedesse a darle esecuzione. E giacchи abbiamo toccato del Capitano di giustizia, non possiamo tralasciare di tener dietro ai preliminari del processo contro il lacchи Andrea Suardi, detto il Galantino, e ciт innanzi di gettarci fra i personaggi che da Milano passarono a Venezia; perchи abbiam bisogno di dar prima qualche cenno intorno alla pratica criminale nel ducato di Milano e di conoscere qualche accidente dell'interrogatorio fatto subire al lacchи, per essere poi in grado di dare giusto valore a ciт che accadrа in seguito. IV Alessandro Manzoni, nella Colonna infame, lavoro di breve mole, ma d'importanza grandissima, illustrт per tal modo la condizione della teoria e della pratica criminale nel ducato di Milano, che dopo di lui non и piщ possibile dir cosa nuova su tale argomento; e soltanto ci rimane a far le meraviglie, quando in taluni fatti avvenuti e prima e dopo l'epoca sulla quale ei scrisse il profondo suo commento, si scoprono le riprove di quanto per la prima volta egli annunciт agli studiosi della giurisprudenza e della storia, al fine di distruggere una credenza invalsa per l'autoritа di uomini riputatissimi; la credenza, vogliamo dire, che le atrocitа assunte per antica e troppo lunga consuetudine nella procedura criminale fossero suggerimenti de' cosм detti interpreti del diritto romano. Questa veritа dimostrata dal grande scrittore, costituisce quel che si dice una scoperta; chи, и come una necessitа naturale a quel sommo intelletto di far dono di nuove forme a tutte le sfere dell'arte a cui si и applicato, e di veritа non sospettate prima, e di notizie peregrine o, per lo meno, di questioni nuove a quelle parti della scienza a cui ha voluto dare opera. Cento e piщ anni dopo l'iniquissima condanna degli untori, ovvero sia nel 1750 e per altri molti anni ancora, vigevano gli Statuta criminalia Mediolani; ed erano consultati ancora e studiati quei medesimi interpreti del diritto romano e del diritto comune che erano celebri al tempo della peste di Milano del 1630. |
Thursday, October 23, 2008
1735051
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